Con decisione del 5 gennaio 2010, il Tribunale amministrativo federale ha dichiarato illecita la consegna di dati bancari dei clienti alle autorità giudiziarie statunitensi ordinata dalla FINMA il 18 febbraio 2009. Anche il Tribunale riconosce esplicitamente la difficoltà della situazione che richiedeva una decisione dell'Autorità di vigilanza. Esso ritiene tuttavia che la FINMA non avrebbe dovuto ordinare autonomamente la trasmissione dei dati, ma chiedere al Consiglio federale di farlo se considerava che fosse l'unica soluzione possibile.
La FINMA ha basato la sua decisione sugli articoli 25 e 26 della Legge sulle banche. Tali disposizioni le conferiscono il potere e il dovere, se vi sono «fondati timori» in merito a «seri problemi di liquidità», di ordinare «misure di protezione» definite in modo non esaustivo nella legge. Queste ultime, analogamente agli strumenti esplicitamente previsti dalla legge quali la moratoria o il divieto di effettuare pagamenti, possono anche pregiudicare i diritti di singoli creditori. Il Consiglio di amministrazione della FINMA, dopo consultazione con il Consiglio federale, ha ordinato la consegna dei dati dei clienti, in quanto, dopo analisi approfondita della situazione, ha ritenuto che fosse l'unica soluzione possibile per sottrarsi alla minaccia incombente di un procedimento contro la banca da parte delle autorità penali statunitensi, che avrebbe compromesso l'esistenza della stessa, peggiorato gravemente le sue condizioni di liquidità e che avrebbe avuto possibili ripercussioni negative sull'economica svizzera.
La FINMA constata che il Tribunale, nella sua decisione, non esamina né contesta tale posizione. Esso si limita a stabilire che le misure ordinate dall'Autorità di vigilanza non erano legali. Quest'ultima analizzerà accuratamente la decisione e deciderà se presentare ricorso presso il Tribunale federale.
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